I Lucchetti dell’amore da Roma a Puerto de La Cruz

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Saró sincera, diró la veritá … tutta la veritá e nient’altro che la veritá. Non ho mai amato Federico Moccia e il suo universo giovanile.Ho eletto libro CULT della mia adolescenza I ragazzi della via Paal di Ferenc Molnár, storia dolceamara di due gruppi di ragazzi che nella Budapest del primo Novecento si contendono uno spazio libero per i giochi.Il conflitto tra bande giovanili è, in questo romanzo, metafora dell’inutilità della guerra come unica soluzione per risolvere le controversie generatesi nel mondo.Non c’è gloria possibile nel morire per difendere la propria bandiera. Il sacrificio é inutile, quindi. Oppure il gioco ha preso troppo la mano ed è andato oltre le possibilità di controllo.La simbologia è chiara ed evidente: la guerra – quella dei grandi, naturalmente – è una situazione estrema che sacrifica sull’altare dell’ideale, del senso di appartenenza (a una bandiera, a una patria) migliaia di giovani, la cui morte è quasi sempre inutile, dato che le decisioni finali spettano sempre ad altri. Quel territorio per il quale Nemecsek ha dato la propria vita non rimarrà a Boka e compagni, perché sarà spianato per ospitare un grosso edificio.Non potevo, quindi, in nessun modo lasciarmi sedurre da Step e Pollo, eroe e vittima del primo romanzo di Moccia lontani anni luce da Boka e Nemecsek.Morire per una adrenalinica sfida in moto a folle velocitá, che senso ha? Un microcosmo di giovani vite arrabbiate che cerca di staccarsi da terra, di camminare “tre metri sopra il cielo”. Le ragazze che vestono sempre griffate e discutono delle mode dell’ultimo minuto.I ragazzi che si sfidano in prove di resistenza fisica, di velocità, di rischio. Fino all’ultimo respiro. Sullo sfondo di una frenetica vita di clan, di banda. Sono davvero questi i giovani?Inoltre quella Roma dalle 3 B, bella borghese benestante, non veicola minimamente l’anima variegata della capitale, le sue mille sfaccettature sociali e culturali, quel caledoscopico mondo che, nel bene e nel male, esiste.

Dopo essere stata sincera cercheró di essere anche obiettiva.

Federico Moccia rappresenta uno dei fenomeni editoriali adolescenziali (e anche qualcosa oltre l’adolescenza) piú rilevanti di questi ultimi anni. É amato moltissimo anche in Spagna, al punto di avere un sito web ufficiale in lingua spagnola. Recentemente é addirittura uscita una guida di Roma in spagnolo sulle tracce degli angoli descritti da Federico: Perdona pero quiero irme a Roma contigo. Ovviamente fa il verso ad uno dei suoi romanzi piú famosi: Scusa se ti chiamo amore, tradotto in spagnolo con Perdona si te llamo amor.

La scena iconica in cui i protagonisti del secondo romanzo di Moccia suggellano il proprio amore ponendo un lucchetto a Ponte Milvio, gettando poi la chiave nelle acque del fiume Tevere, vanta milioni di imitazioni a tutte le latitudini. Nel 2004 la moda dei lucchetti ha invaso le città italiane, Roma in primis con, naturalmente, Ponte Milvio.

Ma Roma non è l’unica. Polemiche a non finire fecero seguito a Venezia, Parigi e in altre cittá per i lucchetti collocati in luoghi di alto valore storico-artistico. E alla fine i lucchetti dell’amore approdano anche a Puerto de la Cruz. E tra l’altro accanto a San Telmo, un luogo attualmente al centro di dibattute polemiche relative al restyling urbano in atto: Punta del Viento, sulla ringhiera del belvedere che si affaccia al mare.

A dire la veritá hanno avuto una vita brevissima, comparsi a maggio i lucchetti sono durati poco piú due settimane. Prontamente rimossi. Ma sappiamo tutti che vietare qualcosa ai ragazzi rischia di provocare la reazione opposta. Non si tratta né di un atto vandalico, a mio avviso, né di ribellione, ma di semplice e modaiola dimostrazione d’amore. Serve ben altro a deturpare un contesto urbano o paesistico. Sarebbe il caso di guardarsi di piú attorno, forse.

Ma é davvero tutto merito o colpa di Federico Moccia? In realtà l’uso del lucchetto come sigillo d’amore risale addirittura due secoli fa. Moccia da ottimo comunicatore ne ha fatto un fenomeno di massa.

I lucchetti dell’amore sono infatti presenti in vari paesi e sono particolarmente diffusi in Cina e in Giappone, anticipando quindi di un secolo ed anche più una tradizione che in Italia, almeno a ponte Milvio, è giunta da poco tempo. A Cedogno, sull’appennino parmense, è stato inaugurato nel 2011 il Museo dei Lucchetti, fonte informativa preziosissima per chi fosse interessato a conocere questa tradizione che viene da lontano. Ci fu anni fa la proposta di collocare i lucchetti, rimossi da Ponte Milvio, nel museo preistorico etnografico Pigorini all’Eur, accanto ai capolavori dell’arte degli Aztechi.

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Segno di una loro valenza demo-etno-antropologica? Forse a Puerto potranno collocarli nel Museo archeologico municipale in cui si trovano importanti testimonianze della cultura dei Guanches nell’isola. Un lucchetto come compagno di teca: chissà cosa ne penserebbe la principessa Dacil figlia di Bencomo, mencey di Taoro e acerrimo nemico dei castigliani che s’innamorò di uno degli invasori, il capitano Fernán García del Castillo, con cui contrasse matrimonio. La cosa le valse prima la condanna, da parte del suo stesso padre, e poi il perdono.

Una antica storia di amore contrastato a lieto fine. Anche Dacil e Fernán, alla fine, a tre metri sopra il cielo.

Carla Galanti – Foto di Davide Drisaldi