Il Teide Patrimonio Mondiale

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Il Teide si compone di un insieme di elementi geologici singolari, la cui evoluzione ha prodotto paesaggi di indiscutibile bellezza. Geologia e geomorfologia si combinano, generando una struttura geografica dominante intorno allo stratovulcano Teide-Pico Viejo, formatosi nel Pleistocene ma ancora attivo al presente. Lo stratovulcano si trova al centro della grande depressione de La Caldera de Las Cañadas, limitata da una serie di scarpate che mostrano la storia geologica attraverso i differenti strati che si sviluppano lungo vari chilometri.

Su questo argomento principale si è basata la proposta di iscrizione del Parco Nazionale del Teide nella lista dei siti naturali di Patrimonio Mondiale. Si è utilizzata l’argomentazione fornita dal paragrafo 77 dell’ Operational Guidelines for the implementation of the World Heritage Convention. Da una parte, si è fatta notare la rappresentazione di importanti fenomeni naturali o aree paesaggistiche di bellezza naturale e di eccezionale valenza estetica. Dall’altra, si è voluto considerare come esempio rappresentativo di una delle grandi fasi della storia della terra, specialmente in relazione a processi geologici relativi all’evoluzione delle forme terrestri, o elementi geomorfologici o fisiografici significativi. Al campo di recenti lave e piroclasti esistenti alla base dello stratovulcano si aggiungono le emissioni all’interno della Caldera, assieme alle pianure endoreiche di materiale vulcanico sedimentario. Se a questo aggiungiamo le eruzioni storiche del vulcano di Fasnia o quella de Las Narices del Teide, ne viene fuori un paradigma per la geologia e la vulcanologia. Il lavoro dell’equipe tecnica diretta da Manuel Durbán, Direttore del Parco Nazionale, si è orientato fin da subito all’osservazione delle caratteristiche del singolare paesaggio del Teide. Un paesaggio di alta montagna, di carattere vulcanico, in una zona semiarida, situato nel mezzo dell’Atlantico e che emerge direttamente dal mare. Caratteristiche che, come ha fatto notare il Professor Martίnez de Pisόn, si presentano solo con il Teide, in un percorso immaginario dall’Islanda all’Antartide e dalla Sierra Madre occidentale del Messico fino all’Himalaya. L’isolamento unito all’altitudine delle vette e la radiazione adattativa hanno portato alla presenza, sia nel Teide che ne Las Cañadas, di una moltitudine di specie vegetali che hanno acquisito adattazioni specifiche in condizioni ambientali di estrema durezza.

Senza dubbio, anche se non utilizzata come parametro, la flora contribuisce ad arricchire il paesaggio. Una rarità fitogenetica, che offre una chiave analitica dell’evoluzione di flora e fauna d’alta montagna oceanica. Perché anche se la fauna vertebrata non è molto presente, quella invertebrata offre una ricchezza di enorme interesse. Buona parte delle specie rappresentano endemismi canari, e almeno 70 specie sono esclusive del Parco Nazionale. Il Parco Nazionale del Teide occupa una superficie pari a 18.990 ettari. Il 99,98% del suolo è pubblico, di cui 92,78% comunale e 7,20% statale, a cui va poi aggiunto uno 0,02% di suolo privato. La dichiarazione come Parco Nazionale è avvenuta tramite Decreto il 22 gennaio del 1954, e riclassificata con la legge 5/1981. Attraverso il Piano di Uso e Gestione, viene garantita l’integrità della conservazione dei molteplici valori naturali in esso presenti e che sono stati incorporati nella rete Red Natura 2000, con le dichiarazioni di Luogo di Interesse Scientifico (LIS) e Zona Speciale di Conservazione (ZSC). Nel 1989 ha ricevuto il Diploma Europeo conferito dal Consiglio d’Europa, rinnovato poi successivamente, per gli spazi naturali ben conservati e gestiti. I valori estetici risultanti dalla diversità dei paesaggi modellati si vedono ulteriormente arricchiti da molteplici variazioni che si propongono con il mutare delle stagioni, se non addirittura ore nell’arco di una sola giornata. E non si tratta solo di emozionarsi per la varietà di forme e colori. Questo stesso paesaggio varia sostanzialmente in inverno, dipinto di bianco, durante le impressionanti fioriture del tajinaste in primavera, o in autunno con l’esplodere dei cespugli della descurainia bourgaeana, comunemente chiamata hierba pajonera. La vista de Los Roques de Garcίa muta profondamente quando il sole sorge e quando poi tramonta: la luce che si riflette sui campi di roccia ossidiana non è la stessa di quella de La Fortaleza. Certo la purezza del cielo richiama l’attenzione, quel cielo che tanto si offre per la ricerca scientifica atmosferica, e che ubriaca di bellezza chi lo osserva nelle ore notturne. Milioni di anni fa, nelle profondità marine dell’Atlantico, le camere magmatiche cominciarono a far uscire materiali. Eruzioni vulcaniche successive si accumularono, facendo elevare montagne. Milioni di anni più tardi emersero dall’oceano e cominciarono ad apparire le isole canarie, una dopo l’altra. Tenerife superò la superficie del mare circa 8 milioni di anni fa, elevando la propria struttura insulare sorretta da tre cime: Teno, Anaga e Rasca, e raggiungendo i 4.500 metri di altezza sul livello del mare. Fino a che, 170.000 anni fa, il tetto dell’isola crollò, provocando uno smottamento di dimensioni gigantesche. Si formò una grande conca, nuove attività vulcaniche e accumulo di materiali. Parte della vetta scivolò verso il mare dal lato nord, creando la Valle de La Orotava. Qualcosa di simile successe nella facciata sud con la Valle de Güimar. Milioni di anni di attività. Di eruzioni che danno vita ad edifici che poi crollano, formando conche, creando vallate. Milioni di anni di costruzione e distruzione. Di molteplici movimenti di materiali vulcanici, di sprofondamenti e smottamenti delle strutture esistenti. Milioni di anni di attività caotica e varia. Valli, pareti scoscese, dighe naturali prodotte da iniezioni magmatiche, campi di ossidiana, colate di magma, scogliere erette modellate dall’erosione differenziale, immensi blocchi solidi, canali formati da fiumi di lava, tetti affossati su letti di lava fluida. E poi colori. Molteplici colori: nero brillante, toni rossastri, azzurro e verde dello zolfo, mille varianti cromatiche ferruginose, gialle, ocra. Come scrive il professor Antonio Machado “(…) dobbiamo essere capaci di immaginare il quieto paesaggio di oggi con la furia tellurica che scuote il suolo ad ogni scoppio, la notte solcata dai fiumi di lava incandescente, il fragore dei vulcani nel loro apogeo esplosivo, il crepitare della pioggia di pietre e sabbia sul suolo rassegnato, la polvere che si solleva ad ogni impatto. Bello e terrificante, come deve essere la natura in piena azione”. E fu proprio questa bellezza contortasi durante milioni di anni, a far decidere l’UNESCO di inserire il Teide nella lista del Patrimonio Mondiale.

 

Libera traduzione della redazione

 

Fonte: canariasenhora Foto: Omar Fardin

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